Cosa succede se dico no alla chiamata di Dio
Indice
Molti si chiedono spesso: “Ma cosa succede se rispondo no alla chiamata di Dio?” Vengo punito? Vivrò una vita infelice? Disastrosa? Cosa avviene concretamente?
Definiamo la chiamata di Dio
Innanzitutto prima di rispondere a questa domanda, bisogna comprendere cosa significa chiamata di Dio. Molti confondono la chiamata con la vocazione religiosa; non è così! Tutti siamo chiamati da Dio, chiamati a lavorare nella sua vigna, chi in un modo e chi in un altro. Chi come religioso, prete, missionario o missionaria, suora di clausura. Oppure diventando papà, mamma, educando quindi i propri figli e aiutarli a scoprire la chiamata di Dio.
Il vero problema non è comprendere la chiamata, ma sentirla e rispondere.
Tutti sappiamo cosa vogliamo fare nella vita e ogni ruolo è adatto per lavorare con Dio, in Dio e per Dio. Il problema quindi non è sapere come, perché se sono un medico, comprendo che Dio mi sta chiamando ad aiutare il prossimo, curandolo; come? In modo diligente, onesto e caritatevole. Se faccio della mia professione solo un modo per guadagnare e accrescere il mio “Ego” quindi fregandomene dei pazienti, anzi, sfruttando le loro malattie per arricchirmi; non sto rispondendo alla chiamata di Dio, che mi chiama a curare con amore.
Abbiamo un esempio forte e lampante come San Giuseppe Moscati, che per aiutare e curare i poveri, ci rimetteva sempre. Spesse volte quando andava a casa di un ammalato povero, dopo averlo visitato, invece di prendere soldi, li dava. Sono tante infatti le testimonianze di ammalati che dicevano di trovare soldi sotto al cuscino dopo che il dottor Moscati li aveva visitati.
Rispondere no
Se quindi non siamo onesti e non usiamo la nostra posizione, che sia un medico, un professore, un cameriere, significa che abbiamo detto no alla chiamata di Dio.
Spiegato cosa vuol dire chiamata di Dio, spieghiamo cosa accade se non rispondiamo “si”.
Alcuni si chiedono: “se non rispondo alla sua chiamata vado all’inferno? Come può un Dio tanto misericordioso lasciare che i Suoi figli vadano all’inferno?”
“Dio vuole che tutti gli uomini si salvino” (1 Tm 2, 4), ma non constringe nessuno ad amarlo e a preferirlo ai beni creati. Dio, quindi, non condanna nessuno, è la creatura che condanna se stessa. Nel caso in cui muoia consapevolmente e volontariamente lontana da Dio, avrà per sempre la sorte che ha scelto per sé, perché la morte pone l’essere umano in uno stadio definitivo, nel quale non è possibile alcun mutamento.
Bisogna poi riconoscere che nessuna creatura può giudicare Dio, che è per definizione Somma Perfezione e Santità Assoluta. Quando Egli sembra ingiusto alla limitata ragione umana, lo sembra non perché sia meno giusto dell’uomo, ma perché il Suo disegno salvifico trascende l’intelletto umano.
Dubbio
Alcuni dicono: “Sono cattolico, ma ho un dubbio che mi assilla e mi infastidisce: la questione della condanna eterna… Come può un Dio tanto misericordioso lasciare che i Suoi figli vadano all’inferno? Per me, l’inferno è il luogo dei demoni, e non dei figli di Dio. Non credo che all’inferno ci siano esseri umani. Credo all’esistenza dell’inferno, ma non come luogo degli uomini peccatori e condannati”.
San Paolo afferma come abbiamo detto sopra, che Dio vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità. Questa verità deve essere sempre davanti agli occhi di chi studia questa tematica.
Dio non forza nessuno a salvarsi o ad amarlo al di sopra di tutte le cose. Rispetta la libera scelta dell’uomo quando questi preferisce la creatura al Creatore o i beni finiti al Bene Infinito.
Non è quindi Lui a condannare la creatura, ma quest’ultima a condannare se stessa, optando per rimanere lontana da Dio. È un’altra verità di importanza capitale, che dissipa l’idea di un Dio come Giudice freddo e insensibile.
Opzioni errate
Ovviamente le opzioni errate della creatura umana non si realizzano sempre in modo pienamente responsabile. Ci sono persone angosciate, accecate, che non agiscono con piena cognizione di causa o in totale libertà. Dio solo conosce ciò che c’è in ciascuno di noi, comprendendo la fragilità dei Suoi figli. Vede bene che spesso, anche quando sbagliano, cercano il bene, ma non sanno dove trovarlo. Dio è un profondo conoscitore del cuore umano. Chi risponde quindi con un no alla chiamata di Dio, spesse volte è influenzato da tanti fattori che solo il Signore conosce bene.
Non tutti i no alla chiamata di Dio quindi sono un NO vero, voluto, sentit; in poche parole, scelto.
Chi muore senza Dio
Chi muore consapevolmente e volontariamente allontanato da Dio resta per sempre lontano da Lui. La morte stabilizza la creatura nella sua ultima opzione, di modo che dopo la morte non c’è modo di tornare indietro e scegliere di rispondere alla chiamata di Dio. La consapevolezza di questa verità incute nell’uomo il valore della vita presente e di ciascuno dei suoi istanti; è nel tempo che si configura la vita definitiva di ogni essere umano.
La morte colloca l’uomo in uno stato definitivo e immutabile. L’uomo resta per sempre amico o nemico di Dio, in base alle disposizioni che ha quando lascia questo mondo. Solo mentre peregrina sulla terra può meritare o non meritare il Sommo Bene.
Verità evangelica
Questa verità si trova nel Vangelo, quindi non sono cose invetate, ma vere: Infatti Gesù dice ai discepoli di vigilare, perché l’atteggiamento che avranno assunto in questa vita in relazione a Dio definirà la loro sorte definitiva. È quello che spiegano le parabole delle dieci vergini (Mt 25, 1-13), dei talenti (Mt 25, 14-30), del ricco e Lazzaro (Lc 16, 18-31).
La tradizione cristiana l’ha sempre ripetuta, e il Concilio Vaticano I (1870), sospeso prima della conclusione, stava per promulgarla nelle sue definizioni teologiche dicendo che dopo la morte, che è il coronamento del nostro cammino, tutti dovremo subito presentarci davanti al tribunale di Cristo, perché ciascuno riceva la retribuzione di quello che avrà fatto di bene o di male quando era in vivente sulla terra, e che dopo questa vita mortale non c’è più possibilità di penitenza e giustificazione.
Fino alla morte, ma solo fino a quel momento, la natura umana è completa (anima e corpo) e dotata delle facoltà che concorrono alla sua evoluzione (sensi, intelligenza e volontà). È logico che la decisione dell’uomo relativa al fine supremo sia presa dall’uomo nella sua natura completa. L’uomo non è solo spirito, ma spirito destinato a rendere vivo un corpo e a svilupparsi attraverso di esso.
Un corpo alla resurrezione
È vero che dopo la resurrezione il corpo sarà nuovamente unito all’anima, e allora perché non può esserci un cambio di opzioni dopo la resurrezione? Rispondiamo dicendo che la riunione di corpo e anima dopo la morte è una cosa a cui la natura umana non ha di per sé diritto, ma è un dono gratuito di Dio. Il corpo, allora, non servirà da strumento mediante il quale l’anima muterà le sue inclinazioni. Al contrario, le condizioni del corpo si adatteranno alle disposizioni, positive o negative, dell’anima, anziché influenzarle; i giusti avranno un corpo glorioso, mentre i reprobi ne avranno uno “tenebroso”.
L’irrevocabilità di un destino è una cosa che riusciamo a concepire difficilmente; tutto quello che conosciamo a questo mondo ci viene presentato come transitorio; non abbiamo l’esperienza del definitivo o della morte.
L’uomo è spesso tentato di criticare Dio, come se questi fosse meno perfetto della creatura e dovesse imparare con lei ad amministrare la storia di questo mondo. Parlando in termini popolari, ciò equivale a dire che “se Dio non procede come penso io sta sbagliando, mentre io ho ragione”. Questo atteggiamento è falso non solo agli occhi della fede, ma anche a quelli della ragione.
Dio, per definizione, è Santo e Perfetto; è infinitamente al di sopra della capacità intellettuale e morale della creatura. Di conseguenza, un Dio ingiusto o imperfetto semplicemente non è Dio. Chi dice questo sta negando il concetto e l’esistenza di Dio. È più logico non credere in Dio che credere in un Dio che sbaglia ed è criticabile. Se la creatura non comprende i disegni di Dio, ciò non è dovuto alle mancanze del Signore, ma alle limitazioni dell’intelletto umano.
Dio è somma sapienza
Nella parabola di Mt 20, 1-15 si legge: un uomo contratta cinque gruppi di operai a diverse ore del giorno, e alla fine della giornata fa pagare a tutti lo stesso salario, anche se hanno lavorato una quantità di ore diversa. Uno dei più stanchi tra i lavoratori insorge e accusa il padrone di ingiustizia, perché equipara tutti indipendentemente dal numero di ore lavorate.
Il padrone gli risponde con serenità, osservando che non gli sta usando ingiustizia, perché lo ha pagato quanto era stato stipulato nel contratto, ovvero un denaro, la giusta remunerazione. Se dà agli altri lavoratori qualcosa che non è loro dovuto in termini rigidi di giustizia ma per sua benevolenza gratuita, non fa male a nessuno, tira fuori il denaro di tasca sua. Ecco allora la domanda: “Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio? O vedi tu di mal occhio che io sia buono?”
La risposta del padrone della parabola può essere data anche da Dio alla creatura che Lo critica, giudicandolo ingiusto e ritenendo che dovrebbe seguire il comportamento che adotterebbe la creatura. Se Lui “scandalizza” perché è buono oltre i parametri in vigore tra gli uomini, non c’è motivo di criticare, mentre esistono ragioni per abbassare la testa e adorare la Somma Sapienza del Signore, che vede molto più lontano della meschina intuizione dell’essere umano. È questa la risposta che la fede cattolica formula al dubbio che abbiamo presentato.
Concludiamo dicendo che rispondere alla chiamata di Dio significa compiere il suo volere che non è altro che il nostro bene. La chiamata di Dio quindi è quella voce che ci dice fa ciò che serve per il bene altrui e di te stesso.
Da adesso quindi potete dire: “La chiamata di Dio non appartiene solo al consacrato ma la chiamata di Dio è quella voce che ci chiama ad essere migliori, ad avere un ruolo in questo mondo e per godere del premio nella vita eterna”.
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Signore ho paura di ciò che mi aspetta, continua ad aiutarmi ora che la croce si fa più pesante e le forze vengono meno. Signore sia fatta la Tua volontà