L’invidia un veleno che uccide l’anima
L’invidia è definita come la tristezza per il bene altrui, percepito come male proprio. E’ figlia della superbia, quando si è convinti della propria superiorità, si prova facilmente amarezza nel constatare che altri hanno doti uguali o superiori alle nostre.
Invidia: vizio antichissimo
Bisogna fare subito una constatazione importante. L’invidia è un vizio antichissimo. Lo troviamo già tra i primi fratelli, Caino e Abele. Per la precisione, Caino è invidioso verso Abele.
E questa sua invidia lo porta a commettere il primo omicidio, anzi, il primo fraticidio. Se non è chiaro perché sia mortale, dalla narrazione di Genesi è chiarissimo quanto sia mortifero.
Il veleno dell’invidia, secondo la fede giudeo-cristiana, risale a prima del peccato umano d’invidia. Il diavolo presente in Genesi nel simbolo del serpente, è invidioso. Ed è per l’invidia del demonio che la morte entra nel mondo. (Sapienza 2,24).
Ma perché è un vizio capitale?
L’invidia secondo San Tommaso d’Aquino, è la tristezza per il bene altrui, concepito come impedimento della propria eccellenza. Questa definizione ci aiuta a delimitare il moviumento errato che avviene nell’invidia: riconosciamo che c’è un bene e lo desideriamo ma, invece di perseguirlo in manieta attiva, ci rattristiamo perché qualcun altro ce l’ha e noi no.
Le connessioni con altri vizi, fatte dai maestri, sono illuminanti. I padre della Chiesa colelgano l’nvidia alla radice di tutti i vizi:
- Superbia
- Pigrizia
Il superbo non accetta che gli altri abbiano eccellenze che egli non ha. Ma il vizio si contorce ancora collegandosi a un altri vizio: “la pigrizia”. L’invidioso si lascia andare alla pigrizia dell’inattività che, solitamente, genera la tristezza un altro vizio capitale!
Come porvi rimedio?
E’ vitale esercitarsi all’arte dell’alterità. Assumere la’altro così come è, nella sua differenza irriducibile e lasciare che l’altro sia altro. Si tratterà poi di accettare se stessi, con i propri limiti e le proprie imperfezioni, ma riconoscendo anche i propri doni e coltivando la stima di sé, il sano amore di sé.
Occorre poi acconsentire serenamente alle proprie mancanze. L’invidioso spessoc erca di evitare l’incontro diretto con l’invidiato: troppo il dolore che questo può provocargli, troppa la fatica di dissimulazione dei suoi reali sentimenti che l’incontro lo costringerebbe a mettere in pratica.
Ma incontrare l’altro può essere terapeutico. Anche perché la realtà del volto e delle parole dell’altro, della sua fisicità, può sgretolarne l’immagine che l’invidioso nutre in sé. Immagine troppo “caricata” da ansie, paure, timori, che impediscono di vedere chi è l’altro realmente.
E poi improtante uimparare a rignraziare e a benedire e ad esercitarsi in questa arte spirituale. Infine occorre credere all’amore, esercitarsi all’amore, praticare la carità.
Papa Francesco si esprime così sul tema
“Cosa brutta è l’invidia! E’ un atteggiamento, è un peccato brutto. E nel cuore la gelosia o l’invidia crescono come cattiva erba che non lascia crescere l’erba buona. Tutto quello che gli sembra di fargli ombra, gli fa male.
Non è in pace! E’ un cuore tormentato, è un cuore brutto! Ma anche il cuore invidioso, lo abbiamo letto tante volte, porta ad uccidere, porta alla morte. E la Sacra Scrittura lo dice chiaramente: ” per l’invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo”.
Le parole del Santo Padre, sempre attualie d efficaci ci portano dunque a riflettere ed affidarci alla preghiera per quanti soffrono di questo vizio capitale certamente tra i più brutti.
P. Claudio Marino
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Gesù guarisci le mie ferite del corpo e anima grazie Maria Madre mia aiutami dammi la forza di sopportare