IL PADRE E IL FIGLIO RIVELATI DALLO SPIRITO
Prima della sua pasqua, Gesù annunzia l’invio di un «altro Paraclito» (Difensore), lo Spirito Santo. Lo Spirito che opera fin dalla creazione, che già aveva «parlato per mezzo dei profeti» dimorerà presso i discepoli e sarà in loro, per insegnare loro ogni cosa e guidarli «alla verità tutta intera » (Gv 16,13). Lo Spirito Santo è in tal modo rivelato come un’altra Persona divina in rapporto a Gesù e al Padre.
L’origine eterna dello Spirito si rivela nella sua missione nel tempo. Lo Spirito Santo è inviato agli Apostoli e alla Chiesa sia dal Padre nel nome del Figlio, sia dal Figlio in persona, dopo il suo ritorno al Padre. L’invio della Persona dello Spirito dopo la glorificazione di Gesù rivela in pienezza il mistero della Santissima Trinità.
La fede apostolica riguardante lo Spirito è stata confessata dal secondo Concilio Ecumenico nel 381 a Costantinopoli: crediamo «nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre ». Così la Chiesa riconosce il Padre come «la fonte e l’origine di tutta la divinità». L’origine eterna dello Spirito Santo non è tuttavia senza legame con quella del Figlio: «Lo Spirito Santo, che è la terza Persona della Trinità, è Dio, uno e uguale al Padre e al Figlio, della stessa sostanza e anche della stessa natura. […] Tuttavia, non si dice che egli è soltanto lo Spirito del Padre, ma che è, ad un tempo, lo Spirito del Padre e del Figlio». Il Credo del Concilio di Costantinopoli della Chiesa confessa: «Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato».
La tradizione latina del Credo confessa che lo Spirito «procede dal Padre e dal Figlio (Filioque)». Il Concilio di Firenze, nel 1439, esplicita: «Lo Spirito Santo ha la sua essenza e il suo essere sussistente ad un tempo dal Padre e dal Figlio e […] procede eternamente dall’uno e dall’altro come da un solo principio e per una sola ispirazione […]. E poiché tutto quello che è del Padre, lo stesso Padre lo ha donato al suo unico Figlio generandolo, ad eccezione del suo essere Padre, anche questo procedere dello Spirito Santo a partire dal Figlio, lo riceve dall’eternità dal suo Padre che ha generato il Figlio stesso.
L’affermazione del Filioque mancava nel Simbolo confessato a Costantinopoli nel 381. Ma, sulla base di un’antica tradizione latina e alessandrina, il Papa san Leone l’aveva già dogmaticamente confessata nel 447, prima che Roma conoscesse e ricevesse, nel 451, durante il Concilio di Calcedonia, il Simbolo del 381. L’uso di questa formula nel Credo è entrato a poco a poco nella liturgia latina (tra i secoli VIII e XI). L’introduzione della parola Filioque nel Simbolo niceno-costantinopolitano da parte della liturgia latina costituisce tuttavia, ancora oggi, un punto di divergenza con le Chiese ortodosse.
La tradizione orientale mette innanzi tutto in rilievo che il Padre, in rapporto allo Spirito, è l’origine prima. Confessando che lo Spirito «procede dal Padre» (Gv 15,26), afferma che lo Spirito procede dal Padre attraverso il Figlio. La tradizione occidentale dà maggior risalto alla comunione consostanziale tra il Padre e il Figlio affermando che lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio (Filioque). Lo dice «lecitamente e ragionevolmente»; infatti l’ordine eterno delle Persone divine nella loro comunione consostanziale implica che il Padre sia l’origine prima dello Spirito in quanto «principio senza principio», ma pure che, in quanto Padre del Figlio unigenito, egli con lui sia «l’unico principio dal quale procede lo Spirito Santo». Questa legittima complementarità, se non viene inasprita, non scalfisce l’identità della fede nella realtà del medesimo mistero confessato.
Catechismo della Chiesa Cattolica
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