Il male comanda la tua vita?
Il male oggi ha spopolato ovunque, anche nei social. Mentre gente si picchia, c’è gente che riprende un video. Mentre c’è gente che muore, c’è gente che indifferentemente continua a divertirsi e trastullarsi nei propri vizi. Oggi il mondo è all’incontrario. Ma non sempre quello che viene accettato dalla maggioranza è ciò che dobbiamo fare. Lasciar spazio al bene che c’è dentro di noi ci aiuta a cambiare prospettiva
C’è sempre un altro modo di vedere le cose, ma spesso tendiamo ad assolutizzare il nostro modo di interpretare la realtà: siamo abituati a intendere le cose sempre nello stesso modo, in parte perché ci conviene, in parte perché siamo programmati per farlo, in parte ancora perché il nostro modo di intendere il mondo è stato indotto dall’esterno, da chi lucra convincendoci che le cose debbano essere viste da un’unica prospettiva.
Di fatto, parliamo sempre più spesso di pensiero unico.
Il pensiero unico non è un fenomeno originale, ma assume varie forme in base al momento storico: fino a poco fa, il simbolo del pensiero unico era la tipica frase “È sempre stato così”, oggi è “Tutto deve cambiare”.
La libertà, invece, è la possibilità di guardare le cose in un altro modo. Concentrarci su un punto di vista forse non ci aiuta a scoprire la realtà nella sua completezza.
Cambiare prospettiva
Gesù ci suggerisce che può esserci un altro modo di leggere le situazioni: quello che si è detto in precedenza non viene meno, ma viene compreso in un modo più profondo.
Solo se ci permettiamo di guardare in un altro modo possiamo affrontare il male con tutte le sue provocazioni e fare veramente il bene.
Viviamo indignati, ci ribelliamo, lottiamo, e a volte ci vendichiamo ripetendo la stessa logica. Veniamo indotti a dialogare con il male, ci poniamo al suo stesso livello, e in genere aggiungiamo male al male.
Lasciar stare
Gesù, al contrario, ci consiglia di non entrare nella stessa logica, ma di lasciar stare: non sono il male che mi stai facendo. Lascia andare il male significa non dargli il potere di decidere su di me.
Se ricevo uno schiaffo posso restituirlo, fare lo stesso, cercare di compensare il danno subito, oppure posso porgere l’altra guancia, ovvero guardare le cose da un altro punto di vista.
Porgere l’altra guancia non significa lasciarsi danneggiare, ma cercare un modo diverso di sperimentare quello che è oggettivamente il male, l’offesa, la sofferenza, il dolore. Non do al male il potere di decidere la mia risposta.
Bisogna lasciar andare il male. A chi ti chiede la tunica, dai anche il mantello. La logica del male vuole che ci sentiamo privati di quello che abbiamo. Ci priva dell’orgoglio, della dignità, di un’immagine integra.
Gesù, però, ci invita a non cadere in questa trappola, ma a lasciarci spogliare. In questo modo, il male non raggiunge il suo proposito. Più ci opponiamo a quello che il male ci vuole togliere, più gli diamo forza e soddisfazione.
Dio presto ci permetterà di trovare un’altra tunica e un altro mantello.
Accettare il male?
Se ci vediamo costretti ad affrontare una situazione, una decisione, un impegno, sarà inevitabile reagire male. L’ira aumenterà, presto o tardi scoppieremo e restituiremo con gli interessi quello che pensiamo di aver subìto.
Possiamo trasformare in accettazione quello che l’altro vuole imporci: dico “Sì”, “Fiat”, alle situazioni come si presentano. C’è sempre qualcosa da imparare camminando insieme. Le situazioni negative possono sempre offrirci qualche lezione.
Al di là della reciprocità
Cercare di guardare le cose in un altro modo significa anche abbandonare la logica della reciprocità. Se è sufficientemente chiaro che rispondere al male con la sua logica non ci aiuta, è più difficile uscire da un modo di pensare che ci porta a considerare la reciprocità come il valore educativo e culturale più elevato.
In molti contesti, la reciprocità ha sicuramente permesso di uscire dalla spirale della violenza: il codice di Hammurabi, che ordinava di riparare a un danno con uno equivalente, ha sicuramente permesso di frenare la catena della vendetta, ma non può essere considerato il modello delle relazioni umane.
Gesù ci “squilibra” e ci tira fuori dalla nostra zona di comfort – la convenienza di amare solo chi ci ama o di salutare soltanto chi ci saluta.
Il Vangelo è un appello a spezzare l’equilibrio, perché è l’unico modo per crescere. Soprattutto, però, solo superando l’equilibrio e la reciprocità possiamo diventare perfetti come il Padre: il Padre è perfetto nell’amore e non ama in base alla logica della reciprocità.
Il Padre ama effondendo amore a profusione, ci ama anche se non potremo mai rispondere in modo adeguato, ci ama come il seminatore che getta il seme su qualsiasi tipo di suolo.
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Chiedo preghiere affinché l intervento urgente che devo subire possa farmi ritornare a camminare come prima