Chiariamo: il magistero della Chiesa è contrario alle unioni civili omosessuali
Quanta confusione c’è in giro. L’ideologia ormai ha preso piega, perché manca la fede, manca l’amore cristiano, manca il timore di Dio. Le unioni civili omosessuali non sono e non saranno mai famiglia! Voglio chiarire con la bellissima spiegazione che ci offre, padre Angelo bellon, domenicano ed esperto in teologia morale.
In Amoris Laetitia Papa Francesco scrive: “Nel corso del dibattito sulla dignità e la missione della famiglia, i Padri sinodali hanno osservato che «circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia»; ed è inaccettabile «che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso»” (AL 251).
In nota si fa riferimento alla Relatio finalis del Sindio del 2015 (n. 76) e al documento della Congregazione per la Dottrina della Fede “Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali” del 3 giugno 2003.
Ora la Congregazione per la Dottrina della Fede in tale documento scrive:
“Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia.
Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale.
Gli atti omosessuali, infatti, «precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun modo possono essere approvati».
Nella Sacra Scrittura le relazioni omosessuali «sono condannate come gravi depravazioni… (cf. Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 10; 1 Tm 1, 10).
Questo giudizio della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, che si dichiarano omosessuali, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati».
Lo stesso giudizio morale si ritrova in molti scrittori ecclesiastici dei primi secoli (cfr. per esempio S. Policarpo, Lettera ai Filippesi, V, 3; S. Giustino, Prima Apologia, 27, 1-4; Atenagora, Supplica per i cristiani, 34) ed è stato unanimemente accettato dalla Tradizione cattolica.
Secondo l’insegnamento della Chiesa, nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali «devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione».
Tali persone inoltre sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità.
Ma l’inclinazione omosessuale è «oggettivamente disordinata» e le pratiche omosessuali «sono peccati gravemente contrari alla castità».
Le parole “Non esiste fondamento alcuno…” sono prese dal Catechismo della Chiesa Cattolica il quale dice:
“Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia.
Il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali (3 giugno 2003) prosegue:
“Il compito della legge civile è certamente più limitato riguardo a quello della legge morale, ma la legge civile non può entrare in contraddizione con la retta ragione senza perdere la forza di obbligare la coscienza.
Ogni legge posta dagli uomini in tanto ha ragione di legge in quanto è conforme alla legge morale naturale, riconosciuta dalla retta ragione, e in quanto rispetta in particolare i diritti inalienabili di ogni persona.
Le legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali sono contrarie alla retta ragione perché conferiscono garanzie giuridiche, analoghe a quelle dell’istituzione matrimoniale, all’unione tra due persone dello stesso sesso.
Considerando i valori in gioco, lo Stato non potrebbe legalizzare queste unioni senza venire meno al dovere di promuovere e tutelare un’istituzione essenziale per il bene comune qual è il matrimonio” (n. 6).
5. Inoltre “occorre riflettere sulla differenza esistente tra il comportamento omosessuale come fenomeno privato, e lo stesso comportamento quale relazione sociale legalmente prevista e approvata, fino a diventare una delle istituzioni dell’ordinamento giuridico.
Il secondo fenomeno non solo è più grave, ma acquista una portata assai più vasta e profonda, e finirebbe per comportare modificazioni dell’intera organizzazione sociale che risulterebbero contrarie al bene comune.
Le leggi civili sono principi strutturanti della vita dell’uomo in seno alla società, per il bene o per il male. Esse «svolgono un ruolo molto importante e talvolta determinante nel promuovere una mentalità e un costume». Le forme di vita e i modelli in esse espresse non solo configurano esternamente la vita sociale, bensì tendono a modificare nelle nuove generazioni la comprensione e la valutazione dei comportamenti.
La legalizzazione delle unioni omosessuali sarebbe destinata perciò a causare l’oscuramento della percezione di alcuni valori morali fondamentali e la svalutazione dell’istituzione matrimoniale” (n. 6).
Le unioni omosessuali non sono in condizione di assicurare adeguatamente la procreazione e la sopravvivenza della specie umana.
L’eventuale ricorso ai mezzi messi a loro disposizione dalle recenti scoperte nel campo della fecondazione artificiale, oltre ad implicare gravi mancanze di rispetto alla dignità umana (Donum vitae, A 1-3) non muterebbe affatto questa loro inadeguatezza.
Nelle unioni omosessuali è anche del tutto assente la dimensione coniugale, che rappresenta la forma umana ed ordinata delle relazioni sessuali. Esse infatti sono umane quando e in quanto esprimono e promuovono il mutuo aiuto dei sessi nel matrimonio e rimangono aperte alla trasmissione della vita.
Come dimostra l’esperienza, l’assenza della bipolarità sessuale crea ostacoli allo sviluppo normale dei bambini eventualmente inseriti all’interno di queste unioni. Ad essi manca l’esperienza della maternità o della paternità.
Inserire dei bambini nelle unioni omosessuali per mezzo dell’adozione significa di fatto fare violenza a questi bambini nel senso che ci si approfitta del loro stato di debolezza per introdurli in ambienti che non favoriscono il loro pieno sviluppo umano (n. 7).
Con questo non si vieta che una coppia di persone omosessuali possano garantirsi dei diritti vicendevoli. Nessuno glielo può proibire.
Per questo basta che vadano davanti a qualsiasi notaio.
Il problema invece è se lo stato possa garantire dei diritti ad una coppia in quanto è omosessuale in analogia con i diritti matrimoniali e famigliari.
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