Il dogma dell’inferno perché oggi viene taciuto
Il dogma dell’inferno, così spesso combattuto o semplicemente taciuto da una spiritualità incompleta, con danno reale delle anime e perfino con pericolo della loro salvezza. Chi potrà dubitare dell’esistenza di una potenza infernale accanita contro Cristo e il suo Regno leggendo in queste pagine ciò che Josefa ha visto, inteso e sofferto? Chi potrà inoltre, misurare il merito riparatore di quelle lunghe ore trascorse in quella prigione di fuoco?
Josefa Menendez che vi si crede imprigionata per sempre, testimone degli sforzi accaniti del demonio per rapire eternamente le anime a Gesù Cristo, sperimenta il dolore dei dolori, quello di non poter più amare. Qualche estratto dei suoi scritti potrà giovare a molte anime, che debbono risalire un pendio e, soprattutto, sarà un richiamo dell’amore per quelle che decideranno di non risparmiare nulla per strappare le anime alla perdizione:
Il dogma dell’inferno confermato dai mistici
Fu nella notte dal mercoledì al giovedì 16 marzo che Josefa conobbe, per la prima volta, questa misteriosa discesa nell’inferno. Già fin dal primo lunedì di Quaresima, 6 marzo, poco dopo la scomparsa di Nostro Signore, voci infernali l’hanno a più riprese dolorosamente impressionata. Anime cadute nell’abisso vengono, senza che ella le veda, a rimproverarle la sua mancanza di generosità. Ne rimane sconvolta.
Ode grida di disperazione come queste: «Sono per sempre là dove non si può più amare… Quanto breve è stato il piacere! e la disgrazia è eterna… Che mi resta?… Odiare con odio infernale e questo per sempre!». «Oh, – scrive – sapere la perdita di un’anima, e non poter ormai far nulla per lei!… Sapere che per tutta l’eternità un’anima maledirà Gesù e che non c’è più rimedio! Neppure se potessi soffrire tutti i tormenti del mondo. Che terribile dolore! Sarebbe meglio mille volte morire che essere responsabili della perdita di un’anima».
L’inferno una cruda realtà
La domenica 12 marzo scrive alla sua Superiora, lontana per qualche giorno dai Feuillants per un viaggio verso Roma. «Dalla notte del primo venerdì, il demonio, dopo avermi battuta, è scomparso e mi ha lasciata libera… Non posso esprimere ciò che ho provato nell ‘anima mia quando mi sono accorta di essere viva e di poter ancora amare Dio! «Per evitare quest’inferno, quantunque abbia una gran paura di soffrire, non so che cosa sarei pronta a sopportare!
Vedo chiaramente che tutti i patimenti terreni sono un nulla a paragone del dolore di non poter più amare, poiché laggiù non si respira che odio e sete della perdita delle anime». Da allora Josefa sperimenta spesso questo strazio misterioso in quei lunghi soggiorni nel tenebroso «al di là». Le discese vengono ogni volta preannunziate dai rumori di catene e dalle grida lontane che si avvicinano, la circondano, l’assediano.
Essa tenta di fuggire, di distrarsi, di lavorare per sottrarsi a questa furia diabolica che finisce però con abbatterla. Ha appena il tempo di rifugiarsi nella sua cella, che perde coscienza delle cose circostanti. Dapprima, si trova gettata in quello che chiama «luogo buio» di fronte al demonio, che trionfa su di lei e sembra credere di averla in suo potere per sempre. Egli ordina imperiosamente che sia gettata al suo posto e Josefa, legata strettamente, cade nel caos di fuoco e di dolore, di odio e di disperazione. Riferisce tutto questo semplicemente e oggettivamente, come ha visto, inteso, sperimentato.
All’esterno solo un leggero sussulto dava indizio di tali misteriose discese. Nell’istante stesso il corpo di Josefa diventava del tutto floscio, senza consistenza, come quello di chi, da pochi momenti, non ha più vita. Il capo, le membra, non si sostengono più, mentre il cuore batte normalmente: essa vive come senza vivere! Questo stato si prolunga più o meno, secondo la volontà di Dio che l’abbandona così all’inferno, e tuttavia la custodisce nella sua sicurissima mano.
La Potenza del demonio
Nel momento da Lui voluto un altro impercettibile sussulto, e il corpo accasciato riprende vita. Ma non è ancora liberata dalla potenza del demonio in quel luogo buio dove la ricolma di minacce. Quando infine la rilascia ed essa a poco a poco riprende contatto con i luoghi e le persone che la circondano: «Dove sono… e voi chi siete? vivo ancora?», chiede.
I suoi poveri occhi cercano di ritrovarsi in un ambiente che le sembra così lontano nel passato. Talvolta grosse lacrime scorrono dai suoi occhi silenziosamente, mentre il volto porta l’impronta di un dolore che non si può esprimere. Riconquista alla fine il senso pieno dell’attuale realtà e non è possibile esprimere l’emozione intensa da cui viene pervasa quando, ad un tratto, comprende di poter ancora amare!
Questo testo sopra citato è il racconto della grande mistica Josefa Menendez, un racconto davvero forte che ci fa comprendere quanto sia reale il male e quanto sia necessario oggi mettere di nuovo in evidenza il Dogma dell’Inferno che è una cruda realtà e non fantasia.
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Chiedo preghiere perche sia fatta giustizia in un condominio in cui l’amministrazione condominiale priva di competenze esperienza e professionalità sta cagionando ingenti danni, mentre una condomina accecata dall’odio nei miei confronti sta screditandol la mia opera (come condomina e al tempo stesso avvocato) perché siano rispettate le norme e tutelati gli interessi del condominio.
Per mio figlio. Amen