Il beato Bartolo Longo e l’affidamento a Maria
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Il beato Bartolo Longo, seguendo le indicazioni di Santa Teresa d’Avila e di Giovanni della Croce e dal confronto con le esperienze mistico-mariane di altri santi, come, ad esempio, Veronica Giuliani, Massimiliano Maria Kolbe, Maria di Santa Teresa, Maria d’Àgreda, Maria Antonietta de Geuser, si possono ritrovare nel vissuto spirituale del beato Bartolo Longo tutti i tratti del cammino mistico, nelle sue varie tappe, percorse attraverso la preghiera del Rosario.
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Sebbene ogni santo sia unico e irripetibile, come unica e irripetibile è ogni persona umana, tuttavia esistono delle costanti spirituali che accomunano i percorsi mistici, e nella fattispecie i mistici mariani.
L’atto di affidamento a Maria
La prima costante che si impone alla nostra attenzione è l’atto di consacrazione e affidamento a Maria, il quale, vissuto a fondo, permette alla persona di fare il passaggio da una vita di unione ordinaria con Maria a una «vita di unione mistica» con la Madre di Gesù, che segna l’iniziazione ai vari gradi della mistica mariana.
Veronica Giuliani e Massimiliano Maria Kolbe testimoniano attraverso il racconto della loro esperienza il salto di qualità spirituale che il cristiano può compiere nel momento in cui affida tutto il suo essere nelle mani di Maria. Il beato Bartolo Longo fa questa donazione di sé stesso alla Vergine nel 1867.
Infatti, dopo l’ascolto attento di un corso di predicazione sull’Immacolata, tenuto dal gesuita padre Carlo Rossi proprio in quell’anno, il Beato Bartolo Longo, annota le seguenti risoluzioni:
«Rendere immacolato e donare a Maria il nostro spirito, con la fede congiunta alle opere; il nostro cuore, col domare la passione predominante; le nostre opere, coll’aver la mente sempre all’ultimo fine che è Dio; il nostro corpo, col castigarlo per vendicare Iddio offeso da esso, perché lo spirito ne abbia sempre il dominio, e per acquistare meriti per esso. il quale dovrà essere rilucente e bello nella fine del mondo per un’eternità».
Beato Bartolo Longo
Il beato Bartolo Longo e San Luigi Grignon
Inoltre, la consacrazione e l’affidamento a Maria secondo l’insegnamento di San Luigi Maria Grignion de Montfort risulta assimilata dal Beato, considerando la presenza nella sua biblioteca personale del Trattato della vera devozione a Maria del Montfort che porta la data del 1872. La seconda costante che emerge è la presenza della purificazione passiva dell’anima, che san Giovanni della Croce identifica come notte oscura dei sensi (la quale segna l’inizio della fase mistica e il passaggio dalla meditazione alla contemplazione, caratterizzata dalla passività) e notte oscura dello spirito.
Santa Veronica racconta nel suo Diario l’esperienza della purificazione passiva dei sensi e dello spirito sostenuta con Maria, presente e operante nella sua anima. Anche il nostro Beato Bartolo Longo, vive la fase della purificazione passiva dei sensi, i cui segni appaiono nel racconto autobiografico dell’esperienza mistica di contrada Arpaia del 1872 (la locutio interior, che può essere messa a confronto con la celebre «illuminazione interiore>>> vissuta da sant’Ignazio di Loyola, nel 1522, a Manresa, nei pressi del fiume Cardoner), punto di snodo del suo percorso spirituale, e la purificazione passiva dello spirito, inquadrata nei due periodi corrispondenti agli anni 1881-1885 e 1903-1905.
Anche Bartolo Longo vivrà queste esperienze dolorose alla presenza di Maria, che lo sosterrà in ogni sua lotta interiore. La terza costante è la preghiera passiva. Teresa d’Avila individua nel raccoglimento infuso il primo grado della contemplazione mistica.
Il rosario mistico
Veronica Giuliani si sente introdotta da Maria nella preghiera passiva, e avverte che Dio sta dando alla sua anima un nuovo principio di operazione. Per Bartolo Longo questo nuovo principio di operazione corrisponde a quello che possiamo chiamare il «Rosario mistico di Maria», che equivale alla «vita di unione mistica con Maria».
Tante sono le testimonianze, rinvenute soprattutto dalle Positio, che raccontano la preghiera del Rosario vissuta dal Beato come preghiera passiva, nei suoi vari gradi, fino al fidanzamento spirituale e all’unione trasformante (matrimonio spirituale), secondo le indicazioni che Teresa d’Avila ci dà nel Castello interiore.
Unione con la Trinità
Maria Antonietta de Geuser, nelle Lettere, racconta l’unione trasformante con la Trinità, mettendola in relazione con la sua trasformazione in Maria, che le permette di essere perfettamente cristificata e quindi di procedere verso la «consumazione nell’Unità». Anche il nostro Beato fa l’esperienza della presenza di Maria nel più alto grado della contemplazione mistica.
Ricordiamo la testimonianza di don Eduardo Alberto Fabozzi che afferma: «L’aspetto di Bartolo nella preghiera non era di persona comune e nemmeno di persona semplicemente pia. Sembrava trasumanato, specie quando recitava il Rosario dinanzi alla Madonna di Pompei o dinanzi al SS.mo Sacramento» (Positio 1974).
Un vero apostolo di Maria
La vita dell’apostolo del Rosario di Valle di Pompei si chiude con un ultimo atto di affidamento a Maria, che assume in questo contesto il significato della piena marianizzazione, sul piano esistenziale, del suo essere. Affidamento a Maria a cui è associata una visione superna, come ci riporta la testimonianza di monsignor Luigi Sacchi, suo padre spirituale, che lo assistette pochi giorni prima che morisse.
di Salvatore Sorrentino
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