Chi è il più grande nel Regno dei cieli?
Dal Vangelo secondo Luca 9,46-50
In quel tempo, sorse una discussione tra i discepoli, chi di essi fosse il più grande.
Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un fanciullo, se lo mise vicino
e disse: “Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me,
accoglie colui che mi ha mandato. Poiché chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è
grande”.
Giovanni prese la parola dicendo: “Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava
demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non è con noi tra i tuoi seguaci”.
Ma Gesù gli rispose: “Non glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi”
Il testo s’illumina. Se precedentemente Luca ci aveva presentato il convergere degli
uomini attorno a Gesù per riconoscerlo nella fede, per attendere all’ascolto e assistere
alle sue guarigioni, ora, si apre una nuova tappa nel suo itinerario pubblico. La persona
di Gesù non monopolizza più l’attenzione delle folle ma ci viene presentato come colui
che lentamente viene sottratto ai suoi per andare verso il Padre. Tale itinerario prevede
l’andata a Gerusalemme. E mentre sta per intraprendere un tale viaggio Gesù svela loro
il destino che lo attende (9,22). Poi si trasfigura davanti a loro come a indicare il punto
di partenza del suo «esodo» verso Gerusalemme. Ma subito dopo la luce sperimentata
nell’evento della trasfigurazione, Gesù riprende nuovamente ad annunciare la sua
passione lasciando i discepoli nell’incertezza e nel turbamento. Le parole di Gesù
sull’evento della sua passione, «il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani
degli uomini», incontrano nei discepoli incomprensione (9,45) e silenzioso timore
(9,43).
Gesù prende un bambino. L’enigma della consegna di Gesù scatena una disputa tra i
discepoli per decidere a chi spetterà il primo posto. Senza che venga richiesto il suo
parere Gesù, che come Dio stesso legge nei cuori, interviene con un gesto simbolico. In
un primo momento prende un bambino e lo pone accanto a sé. Tale gesto è indizio di
elezione, privilegio che si estende al momento in cui si diventa cristiani (10,21-22).
Perché il gesto non resti nella sua incertezza Gesù fa seguire una parola di spiegazione:
non si pone l’enfasi sulla «grandezza» del bambino ma nella sua inclinazione
all’«accoglienza».
Il Signore considera «grande» chi come il bambino sa accogliere Dio
e i suoi messaggeri. La salvezza presenta due aspetti: l’elezione da parte di Dio e che
viene simboleggiata dal gesto di Gesù che accoglie il bambino: e l’accoglienza di colui
che lo ha inviato, il Padre, di Gesù (il Figlio) e di ogni uomo. Il bambino incarna Gesù
e tutti e due insieme, nella loro piccolezza e sofferenza realizzano la presenza di Dio
(Bovon). Ma i due aspetti della salvezza sono indicativi anche della fede: nel dono
dell’elezione emerge l’elemento passivo; nel servizio, quello attivo; due pilastri
dell’esistenza cristiana. Accogliere Dio o Cristo nella fede ha come conseguenza
l’accoglienza totale del piccolo da parte del credente o della comunità. L’«essere
grandi» di cui discutevano i discepoli non è una realtà dell’al di là, ma riguarda il
momento presente e si esprime nella diaconia del servizio. L’amore e la fede vissuta
svolgono due funzioni: siamo accolti da Cristo (prendere il bambino); ma anche
abbiamo il dono singolare di riceverlo («chi accoglie il bambino, accoglie lui, il Padre
», v.48). Segue poi un breve dialogo tra Gesù e Giovanni (vv.49-50).
Quest’ultimo discepolo è annoverato tra gli intimi di Gesù. L’esorcista che non appartiene alla cerchia
degli intimi di Gesù è affidato lo stesso ruolo che viene dato ai discepoli. È un esorcista
che da un lato, è esterno al gruppo, ma dall’altro, si trova all’interno perché ha compreso
l’origine cristologica della forza divina che lo guida («nel tuo nome»). L’insegnamento
di Gesù è chiaro: un gruppo cristiano non deve ostacolare l’attività missionaria di altri
gruppi. Non ci sono cristiani più «grandi» degli altri, ma si è «grandi» nell’essere e
diventare cristiani. E poi l’attività missionaria deve essere al servizio di Dio e non per
accrescere la propria notorietà. È cruciale quell’inciso sulla potenza del nome di Gesù:
è un allusione alla libertà dello Spirito Santo, la cui presenza è certa all’interno della
chiesa, ma può estendersi al di là dei ministeri istituiti o ufficiali.
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