C’è chi nel silenzio prega per noi
Alle Tre Fontane di Roma, a pochi passi dalla grotta delle apparizioni della Madonna della Rivelazione, si trova una Trappa, cioè un grande Convento, rinomato per le austerità. I Trappisti da secoli vi dimorano, dando lezione al mondo gaudente. Sembrerebbe strano che nel secolo ventesimo possano esserci ancora simili Comunità Religiose; eppure Iddio permette che ci siano, e fiorenti, ed il Sommo Pontefice è lieto di avere a Roma, centro della Cristianità, una delle più celebri Trappe.
Volli visitare questo Convento; come Sacerdote fui ammesso alla visita.
Nel piccolo atrio, detto Parlatorio, si presentò un Reverendo, che esercitava l’ufficio di portinaio; mi accolse con gentilezza e potei rivolgergli delle domande.
– Quanti sono i religiosi della Trappa?
– Siamo sessanta; il numero non aumenta facilmente, perché la nostra vita è troppo austera. Non è molto, un signore venne, provò, ma presto andò via, dicendo: Non posso resistere!
– Quale categoria di uomini può essere presa in Comunità?
Tutti possono divenire Trappisti. Ci sono Sacerdoti e laici; a volte vengono blasonati, o alti ufficiali, o celebri scrittori; ma entrando qui, cessano i titoli onorifici, finisce la gloria del mondo; si pensa solo a vivere santamente.
– Quali sono le vostre penitenze?
– La nostra vita è continua penitenza; basta dire che non si parla mai. L’unico che può parlare, e solo in questo atrio, è il portinaio; da dieci anni l’ubbidienza mi ha assegnato l’ufficio della porta e soltanto a me è lecito parlare; preferirei non avere quest’ufficio, ma ubbidire è la prima cosa.
– Mai può dirsi una parola?
E quando s’incontrano due, non si salutano, dicendo qualche cosa di sacro, ad esempio: Sia lodato Gesù! Neppure; si dà uno sguardo e si fa un leggero inchino.
– Il Superiore non può parlare, dovendo assegnare i vari uffici?
Neppure questo è lecito; in una sala c’è una tavoletta e la mattina ognuno trova scritto ciò che ha da fare lungo il giorno. Pensi che nessuno saprebbe il nome degli altri, se non fosse scritto sulle varie cellette. Ma pur conoscendosi il nome, non si sa quali onorificenze taluno abbia avuto nel secolo, a quale casato sia appartenuto. Viviamo assieme senza conoscerci.
Io penso che l’Abate conosca le benemerenze di ognuno, almeno per una epigrafe sulla tomba!
– Avete altre penitenze?
Sei ore di lavoro manuale quotidiano nell’annessa nostra campagna; badiamo a tutto noi.
– Zappate?
Sì, tutti, anche i Sacerdoti ed il Superiore, che è l’Abate; si zappa, ma sempre in silenzio.
– E lo studio per i Sacerdoti e per gli intellettuali?
Ci sono le ore di studio ed ognuno si applica a quelle discipline in cui è più versato; abbiamo anche una buona biblioteca.
– E per il vitto ci sono penitenze particolari?
Mai si mangia carne e mai si beve vino; si digiuna sei mesi all’anno oltre della Quaresima, con il cibo misurato che ognuno trova a tavola; qualche rara eccezione è lecita in caso di malattia. Abbiamo altre penitenze, perché c’è il cilicio e la disciplina; la notte dormiamo sempre vestiti e sul duro; nel cuore della notte ci alziamo, d’inverno e d’estate, per l’ufficiatura cantata in Chiesa, che dura alcune ore.
Credo che qui debba regnare quella pace che non c’è nel mondo, perché abbracciando la vita di penitenza, liberamente e per amor di Dio, nel cuore deve sentirsi una gioia intima, tutta spirituale.
Sì, siamo contenti; godiamo la pace, però abbiamo la lotta delle passioni; siamo venuti alla Trappa per fare guerra alla superbia ed alla sensualità.
– Mi sarebbe lecito visitare l’interno di questo sacro recinto?
A qualcuno si permette; lei mi segua; però oltre questa porta non si può più parlare. Con quanto interesse osservavo i vari ambienti! Che povertà!
Rimasi meravigliato a vedere le celle; tutte uguali, ridotte nello spazio, senza suppellettili, un giaciglio sul duro e senza lenzuola; un rozzo comodino era tutto l’arredamento …
E in queste celle hanno trascorso la vita illustri personaggi e benemeriti Ecclesiastici! … Che contrasto col mondo vano!
Visitai il refettorio, intonato alla massima povertà, il salone dello studio ed in ultimo il giardino, ove era lecito al Trappista portinaio di parlare con me. In un angolo del giardino c’era il piccolo cimitero.
– Qui, – mi disse la guida, – vengono sepolti coloro che muoiono nella Trappa. In questo ambiente si vive, si muore e si attende l’universale risurrezione! Il pensiero della morte, credo dia forza a perseverare nella vita di penitenza! Noi veniamo spesso a visitare le tombe dei nostri fratelli, si prega e si medita!
Dal centro del giardino sollevai lo sguardo verso la rumorosa città, pensando: Quanta differenza di vita e di aspirazioni tra te, o Roma, e questa Trappa!
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Le mie intenzioni sono quelle di fare molte preghiere per i miei due figli Girolamo e Manuel sono in grave pericolo per uso di droghe. Grazie
ho letto l’articolo sulla “Trappa” vorrei sapere se vi possono entrare anche le donne.
Per mio figlio Bruno perché abbia una risposta positiva ai colloqui di lavoro