Avere compassione, costruisce la nostra storia e quella del mondo
Avere compassione è davvero importante:
Papa Francesco ci parla della compassione, l’avere compassione e lo fa prendendo spunto dal Vangelo quando Gesù crocifisso, viene riconosciuto dal buon ladrone come Dio e Salvatore, e da lì Gesù ha compassione di lui e gli risponde: Oggi sarai con me in Paradiso. Il buon ladrone lo riconobbe nel momento meno trionfante e glorioso, in mezzo alle grida di scherno e di umiliazione, quel delinquente è stato capace di alzare la voce e fare la sua professione di fede.
Il Calvario, luogo di smarrimento e di ingiustizia, dove l’impotenza e l’incomprensione sono accompagnate dalla mormorazione sussurrata e indifferente dei beffardi di turno davanti alla morte dell’innocente, si trasforma, grazie all’atteggiamento del buon ladrone, in una parola di speranza per tutta l’umanità. Le grida di “salva te stesso” di fronte all’innocente sofferente susciteranno la voce di quelli che si lasciano toccare il cuore e scelgono di avere compassione, come vero modo per costruire la storia.
Conosciamo bene la storia dei nostri fallimenti, peccati e limiti, come il buon ladrone, ma non vogliamo che sia questo a determinare o definire il nostro presente e futuro. Sappiamo che non di rado possiamo cadere nel clima pigro che fa dire con facilità e indifferenza “salva te stesso”, e perdere la memoria di ciò che significa sopportare la sofferenza di tanti innocenti. Ma come il buon ladrone, vogliamo vivere l’istante in cui poter alzare le nostre voci e professare la nostra fede. Vogliamo accompagnare il suo supplizio, sostenere la sua solitudine e il suo abbandono, e ascoltare, ancora una volta, che la salvezza è la parola che il Padre vuole offrire a tutti: «Oggi sarai con me nel paradiso».
Cristo è vivo e agisce in mezzo a noi, guidandoci tutti alla pienezza della vita. È vivo e ci vuole vivi. Cristo è la nostra speranza. La nostra missione è di essere testimoni e araldi di ciò che verrà, ci spinge ad essere lievito del suo Regno dovunque siamo: in famiglia, al lavoro, nella società. Il Regno dei cieli è una meta da vivere oggi, accanto all’indifferenza che circonda e fa tacere tante volte i nostri malati e disabili, anziani e abbandonati, rifugiati e lavoratori stranieri: tutti loro sono sacramento vivo di Cristo, nostro Re; perché «se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi» come disse San Giovanni Paolo II.
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